Erzsébet Báthory

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Esattamente quattro secoli fa, il 21 agosto 1614, Erzsébet Báthory, in slovacco Alžbeta Bátoriová, morì a 54 anni, lasciandosi morire di fame, dopo essere stata murata viva nella torre del suo castello a Čachtice quattro anni prima, con solo una feritoia per ricevere il cibo.

“Bella come il Diavolo…”: così inizia la poesia che Karl Kucera dedicò a Erzsébet Báthory. Mentre il componimento ottocentesco di János Garay si apre con questi versi: “Al calar della notte, la potente signora del superbo castello di Čachtice è perseguitata da incubi orrendi…”

ERZSÈBET BÀTHORY, conosciuta anche come Elizabeth Bathory o Elisabetta Bathory

Erzsébet nacque a Nyírbátor, nel 1560 ma venne cresciuta nella proprietà di famiglia di Ecsed in Transilvania. La famiglia Báthory aveva nella sul suo albero genealogico numerosi eroi di guerra, un cardinale e un re di Polonia. Nella sua famiglia, a causa dei matrimoni tra consanguinei, non mancavano malattie del sistema nervoso: molti suoi membri mostravano segni di epilessia, schizofrenia e altri disturbi mentali.

Fin da piccola dava segni malattia mentale passando repentinamente dall’essere tranquilla alla collera più accesa. All’età di sei anni, stando alla leggenda tramandata, fu testimone di un fatto che l’accompagnò per tutta la vita: un gruppo di zingari venne invitato nella sua casa per intrattenere la corte; uno di essi venne però condannato a morte per aver venduto i figli ai turchi. Le sue grida lamentose giunsero fino al castello, attirando l’attenzione di Erzsébet, la quale, all’alba, fuggì dal castello per vedere la condanna: dei soldati tagliarono il ventre di un cavallo legato a terra, il condannato venne preso e infilato nel ventre, rimase fuori solo la testa, poi un soldato ricucì il ventre del cavallo con il condannato al suo interno.

All’età di 13 anni, in visita al cugino, il principe di Transilvania, vide con i propri occhi le torture che fece elargire a  54 rivoluzionari sospetti di ribellione: la mutilazione di naso e orecchie.

Solo nel 1571, all’età di 11 anni, fu promessa in sposa a Ferenc Nádasdy, di sette anni più grande di lei e l’8 maggio del 1575, all’età di soli quindici anni lo sposò a Vranov nad Topľou. Al matrimonio furono invitati grandi nomi, persino il sovrano del Sacro Romano Impero Massimiliano II, che non potendo partecipare le inviò un costoso gioiello.

Il marito, era considerato una persona brutale e dall’indole crudele, amava torturare i servi: una delle sue torture preferite e conosciute era cospargere di miele una ragazza nuda e lasciarla legata vicino alle arnie di sua proprietà. Essendo Nádasdy comandante delle truppe reali ungheresi e continuamente impegnato nella guerra contro i turchi che metteva a ferro e fuoco il Paese diede la responsabilità del castello ad Erzsébet.

Da questo momento la giovane sposa si trasferì con la famiglia nel castello di Čachtice, appartenente alla famiglia di lui. Durante i 29 anni di matrimonio Erzsébet diede alla luce cinque figli. Nel 1585 nacque la piccola Anna. Aveva 25 anni quando il suo volto fu immortalato per l’eternità in un ritratto. Ursula e Andreas nacquero rispettivamente nel 1586 e nel 1594, ma morirono prematuramente. La contessa partorì ancora una figlia, Katharina, e infine nel 1598 nacque Paul, futuro erede dei beni di famiglia.

Facendo un passo indietro, si dice che Erzsébet ebbe una figlia illegittima che venne affidata ad un contadino. Nella leggenda popolare si dice che questa bambina sia la progenitrice di alcune delle famiglie più antiche della zona, quali i Mansfeld, i Riddler e gli Helbinger.

Quando il marito era lontano da casa, Erzsébet faceva spesso visite a sua zia, la contessa Karla, e con lei iniziò a partecipare a numerose orge. In quel periodo strinse amicizia con Dorothea Szentes, una strega che praticava magia nera che la incoraggiò ad esprimere le sue tendenze sadiche. Dorothea, conosciuta come Dorka, e il suo servo Thorko insegnarono a Erzsébet l’arte della stregoneria.

Ecco cosa scrive in una lettera al marito:

« Ho appreso da Thorko una nuova deliziosa tecnica: prendi una gallina nera e la percuoti a morte con la verga bianca; ne conservi il sangue e ne spalmi un poco sul tuo nemico. Se non hai la possibilità di cospargerlo sul suo corpo, fai in modo di procurarti uno dei suoi capi di vestiario e impregnalo con il sangue.»

Da questa unione il futuro della Contessa fu segnato. Erzsébet riteneva intollerabile la fuga di una sua serva e la punizione inflitta era la tortura o la morte stessa. Si racconta che una notte, Dora, una sua serva di soli 12 anni scappò dal castello vestita solo con una lunga camicia bianca, al’istante venne presa e condotta dalla Contessa, la quale la obbligò ad entrare in una gabbia troppo stretta per sedersi e troppo bassa per stare in piedi. La gabbia venne quindi sollevata da terra e spinta contro dei paletti di legno molto appuntiti. Il valletto nano, Fizcko, manovrò le corde per far oscillare la gabbia così duramente da far a pezzi la poverina.

Questo non fu l’unico caso di tortura che Erzsébet mise in atto. Un’altro caso è stata la tortura del freddo nel quale  fece condurre nel cortile in pieno inverno delle ragazze senza vesti e osservando dalla sua finestra ordinò di bagnarle con dell’acqua gelida. Le ragazze morirono per assideramento in spasmi di dolore.

Il consorte di Erzsébet non era da meno: una volta ai due sposi venne il sospetto che una serva si fosse finta malata, le fecero misero tra le dita della carta impregnata con dell’olio al quale fu dato fuoco. I segni della sua pazzia si palesavano sulle persone accanto a lei ma soprattutto sulle sue serve, castigate sempre più duramente per i loro errori da lei considerati intollerabili.

Si dice che un giorno, dopo averne schiaffeggiata una, alcune gocce di sangue colarono dal naso di questa sulla mano della contessa. La Báthory credette, in seguito, che in quel punto specifico della mano la sua pelle fosse ringiovanita. Chiese agli alchimisti delucidazioni. Costoro, pur di compiacerla, si inventarono la storia che raccontava di una giovane vergine il cui sangue aveva avuto effetti analoghi sull’epidermide raggrinzita di un aristocratico. La Báthory finì con il convincersi che fare abluzioni nel sangue di giovani vergini (in particolare della sua stessa classe sociale), o berlo quando queste fossero state particolarmente avvenenti, le avrebbe garantito la giovinezza eterna.

Si stima che abbia iniziato a praticare la sua “magia di sangue” nel periodo tra il 1585 ed il 1610. Cominciò a torturare e ad uccidere giovani contadine, ed in un secondo momento, le figlie della piccola nobiltà. Nel 1609 Erzsébet istituì nel  castello di Čachtice, un’accademia rivolta all’educazione di ragazze provenienti da famiglie nobili e benestanti. Le sue vittime venivano spogliate da ogni abito, incatenate a capo in giù, quindi, seviziate fino alla morte. Sgozzava i loro delicati colli ed il sangue sgorgava in grandi quantità per essere raccolto e usato da Erzsébet per farci il bagno o per essere bevuto . Si narra, anche, che la Contessa abbia fatto costruire appositamente per lei un marchingegno chiamato “Vergine di Ferro”, la quale aveva la forma di una donna dai lunghissimi capelli biondo argenteo, probabilmente appartenuta a una delle sue vittime. Ogni qualvolta una ragazza le si avvicinava, la Vergine di Ferro alzava le braccia e stringendola con una morsa mortale la uccideva, trapassandola con dei coltelli fuoriusciti dal petto.


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