Bologna, piazza San Domenico, 14 luglio 1498: l’ombra di quella che fu una donna bella, istruita, ricca e potente aspettava quasi come una liberazione che venisse appiccato il fuoco a quello che sarebbe stato il rogo che l’avrebbe consumata. 

Era Gentile Budrioli e ancora oggi la storia la ricorda con l’epiteto di strega enormissima di Bologna.

1233 a Bologna fu istituito presso il convento di san Domenico il tribunale dell’inquisizione. Fu uno dei più violenti dell’epoca, specie nella caccia alle streghe.

Le bolognesi condannate per stregoneria erano per lo più astrologhe, erboriste, prostitute.
Secondo le confessioni ottenute dall’inquisizione le streghe si radunavano per il sabba nei boschi vicino a Paderno volandovi su scope o bastoni, però bisogna considerare che allora nel bolognese era molto diffusa la coltivazione della canapa e presso i contadini si era soliti mangiare quello che si produceva e pertanto erano molto usate ricette a base di canapa che procuravano allucinazioni da cui tali confessioni.

Negli atti processuali Gentile viene descritta come una graziosa brunetta che passeggiava per Bologna con vesti di seta e di velluto, con orecchini preziosi, braccialetti d’oro e perle al collo e tra i capelli. In più aveva un servo che la precedeva e due damigelle che la seguivano. Circondata sempre da persone importanti e servitori ubbidienti la Signora di Bologna non poteva nascondere le sue attenzioni per un’amante (nella Bologna del Cinquecento era uso comune averceli). Il marito stesso accusò la moglie di stregoneria e diversi testimoni dai ceti più svariati confermarono la stessa accusa. Una serva di Gentile confermò che la sua Signora parlava con il diavolo e le aveva insegnato una malia o per meglio dire una fattura. Erano numerosi gli incantesimi che conosceva ma la sua arte era rivolta a far del male alle persone, e in questo caso al marito Alessandro e a suo fratello Ercole. L’incantesimo prevedeva di seguirli fin quando non lasciassero un’orma sulla terre molle, levare quest’ultima  con una moneta, facendo con essa il segno della croce e recitando: “Così come io levo questa terra, così loro possono perdere la vista, l’udito e l’intelletto”.

Durante il processo un testimone riferì che “i sortilegi possono procurare malattie perché ho sentito dire che alle volte qualcuno che ha subito fatture butta fuori dalla bocca ossa, ferri, denti e altre cose brutte e che per questa ragione sta male”. La Santa Inquisizione quando effettuò il sopralluogo della casa di Gentile trovò libri di negromanzia e magia nera, oltre all’altare con le immagini di Lucifero, mantelli e abiti ricoperti di diavoli dipinti. L’accusa sostenne che la strega aveva dodici sacchetti contenenti ciascuno polvere di organi umani con i quali bastava che toccasse il corrispondente organo di qualcuno per farlo ammalare. Si disse ancora che sapeva veramente predire cosa sarebbe accaduto, tanto che quando era prigioniera nel convento di San Domenico diceva sempre chi sarebbe arrivato di lì a poco.

  • Disse di aver ceduto l’anima al diavolo in cambio di una fortunata carriera;
  • Disse anche che tre volte alla settimana celebrava messe nere con i paramenti sacerdotali consacrati, venerando il diavolo al quale bruciava incenso sull’altare che gli aveva eretto in casa;
  • Disse di aver giaciuto con Lucifero e confessò di aver ben settantadue diavoli a sua disposizione;
  • Disse che nelle notti di luna andava nuda al cimitero di San Francesco a raccogliere le ossa per i suoi sortilegi.

 

GENTILE BUDRIOLI

Gentile era nata da una famiglia benestante bolognese e aveva sposato il notaio Alessandro Cimieri con il quale abitò presso il Torresotto di Portanova, di fronte alla chiesa di San Francesco. Donna di cultura e assetata di conoscenza amava frequentare lezioni di astrologia tenute dal professore universitario Scipione Manfredi e aveva appreso le arti erboristiche da Frate Silvestro del convento francescano nei pressi della sua casa.

Nonostante il rifiuto da parte del  marito verso l’idea di una donna istruita su tali cognizioni, iniziò a mettere a disposizione le sue conoscenze di medicina e ben presto in tutta Bologna si diffuse la fama del suo sapere, unita alla capacità di comprendere e risolvere i problemi psicologici delle altre persone. Anche Ginevra Bentivoglio (nata ad Ancona nel 1440, figlia illegittima di Alessandro Sforza signore di Pesaro) , moglie del signore di Bologna, Giovanni II,  che, appassionata di esoterismo, la volle  conoscere e la fece diventare la sua dama di compagnia. Il tempo poi le fece legare da amicizia e rispetto.

Velocemente, Gentile prese il ruolo di consigliera della piccola corte bentivolesca, ma questo la rese oggetto di invidia e, in breve tempo, di menzogne e maldicenze. I malevoli cortigiani iniziarono a suggestionare Giovanni II, già alle prese con la congiura dei Malvezzi e con le minacce papali, per incolpare la Budrioli di questi accadimenti negativi.
Era lei, dicevano, con le sue arti stregonesche a gettare Bologna in una cattiva influenza.

Nel 1488 la congiura dei Malvezzi, che volevano assumere il controllo della città e voci che insinuavano che la politica dei Signori di Bologna era consigliata da due donne, Ginevra e Gentile, fece di quest’ultima il capro espiatorio dei mali della famiglia Bentivoglio. Ginevra Sforza era troppo importante per poter essere messa sotto accusa.
L’Inquisizione, che già teneva d’occhio Gentile per le sue pratiche di guaritrice, approfittò della morte di un nipote di Giovanni affidato alle sue cure, per accusarla di stregoneria e malefici contro il ragazzo. Torturata per giorni alla fine confessò 20 anni di attività occulte e nel torresotto dove abitava furono trovate prove di «72 congiungimenti carnali con spiriti demoniaci» oltre ad «ossa rubate al cimitero, simboli sacri profanati e oggetti per l’evocazione dei demoni».

Da questo ad essere accusata di stregoneria e a venire affidata al Tribunale dell’Inquisizione il passo fu breve. Nemmeno Ginevra riuscì ad evitarle le tremende torture. La povera Gentile, ormai più morta che viva, finì per confessare reati che non aveva mai commesso.
Il 14 luglio 1798 fu messa al rogo in piazza Maggiore; durante l’esecuzione il boia, mastro Giacomo, legò la strega con una catena insieme a blocchi di pece e lanciò polvere da sparo nelle fiamme causando esplosioni e violente fiammate che misero in fuga i cittadini accorsi a godersi lo spettacolo ritenendo che fosse il diavolo venuto a prendere l’anima della sua protetta. Le sue ceneri si dispersero nell’aria.

In realtà sembra che Gentile fosse in combutta con i Malvezzi per rovesciare la signoria dei Bentivoglio e accusarla di stregoneria fu una maniera efficace per eliminare un’avversaria politica approfittando della credenza popolare.

 

MALLEUS MALEFICARUM – Prove per riconoscere le streghe

Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe) è un testo in latino pubblicato nel 1487 dai frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, allo scopo di reprimere in Germania l’eresia, il paganesimo e la stregoneria. È il più noto dei tre principali trattati pubblicati sulla questione alla fine del XV secolo: gli altri due furono il Fornicarium di Johannes Nider (1475, composto tra il 1436 e il 1437) e il De lamiis et phitonicis mulieribus (Delle streghe e delle indovine) di Ulrich Molitor

Secondo il Malleus maleficarum , vi erano prove certe di stregoneria a cui sottoporre gli indagati prima della tortura:

  1. Ricerca del marchio di Satana (stigma diaboli): secondo l’Inquisizione il maligno imprimeva sul corpo della strega un marchio per comprovarne la proprietà, marchio completamente insensibile al dolore. L’indagata veniva pertanto denudata, completamente rasata ed un apposito addetto esaminava attentamente il corpo e con uno spillone appuntito cercava questo punto insensibile. Se non veniva trovato significava che il demonio aveva ridonato la sensibilità per imbrogliare gli indagatori, pertanto qualunque fosse l’esito dell’indagine la prova di stregoneria era confermata. Altri metodi consistevano nell’identificare la presenza di mammelle addizionali (anch’esse considerate sospette perché con esse la “strega” avrebbe allattato dèmoni) o del cosiddetto “occhio del Diavolo” che consisteva in un particolare neo situato nella parte interna della coscia, o ancora nell’accertamento della capacità di stare a galla.
  2. Prova dell’acqua: secondo Plinio il vecchio le streghe galleggiavano quindi le indagate venivano immerse nell’acqua (di un fiume o di un lago) per 10 – 15 minuti con la mano destra legata al piede sinistro. Trascorso questo tempo se erano ancora vive era provata la loro colpevolezza e condannate al rogo, se erano morte erano innocenti.
  3. Verifica del peso: l’imputata veniva posta su un piatto di una bilancia mentre sull’altro era posta una Bibbia. Se pesava più della Bibbia, come accadeva inevitabilmente, la condanna era certa.

 

GINEVRA BENTIVOGLIO

“Si dice che durante il rogo, Ginevra piangesse affranta nel Torresotto di Portanova, casa della cara amica.”

Ginevra sforzaGinevra non era amata dal popolo bolognese perché si pensava facesse troppo sfoggio di abiti sontuosi e della sua bellezza tanto che, arrivata a Bologna per sposare Sante Bentivoglio, si vide chiudere in faccia la porta di San Petronio. Il matrimonio venne celebrato nella chiesa di San Giacomo Maggiore.

Forte d’ingegno, fu sovrana assoluta nella sua casa, che continuò ad abbellire e in cui riceveva ospiti illustri. Da qui ordì anche vendette e stragi.

Nel 1488 il clima di pace e di concordia voluto da Giovanni II fu spezzato dalla congiura dei Malvezzi. Essi, un tempo amici, avevano tramato per uccidere tutti i Bentivoglio. Quando la congiura venne scoperta, la vendetta fu crudele: i Malvezzi vennero tutti uccisi, incarcerati o esiliati. Dopo questo episodio, nella città tornò la calma. Da questo momento però Giovanni perse la fiducia che aveva sempre avuto nei Bolognesi, non uscì più da solo e senza le proprie armi, e fece costruire di fianco al palazzo una torre gigantesca, bellissima, con ricchi e decorati ambienti, alla cui sommità fu posta una pesante campana. La scossa di terremoto del 1505 la lesionò così gravemente che si pensò di abbatterla. Questa torre fu un segno di grandezza, ma allo stesso tempo di paura e insicurezza.

Dopo la persecuzione dei Malvezzi seguirono alcuni anni tranquilli, durante i quali il regime dei Bentivoglio si indebolì sempre di più a causa degli oppositori, che avevano cercato in Cesare Borgia un possibile e pericoloso alleato. Nel 1466 il papa Paolo II riconobbe la signoria di Giovanni e gli attribuì il Vicariato papale di Bologna. Dopo aver affrontato quella dei Malvezzi nel 1488, nel 1501 i Bentivoglio scoprirono un’altra congiura organizzata dalla famiglia rivale dei Marescotti. Su consiglio di Ginevra, molti membri della famiglia furono uccise per vendetta. Nel 1505 i congiurati scampati alle stragi chiesero aiuto al papa Giulio II il quale ordinò a Giovanni II di lasciare la città insieme alla famiglia, ma Giovanni  non ubbidì. Di fronte alle truppe pontificie che avanzavano, egli si ritirò a Milano assieme a familiari e parenti, dove i Francesi gli garantirono protezione. Una settimana dopo, il papa entrava trionfalmente a Bologna. Partito Giulio II da Bologna, cominciarono però le congiure per far ritornare i Bentivoglio. I figli di Giovanni II e Ginevra arruolarono un esercito, ma furono battuti a Casalecchio. Ercole Marescotti incitò il popolo a distruggere il loro palazzo, che in pochi giorni venne demolito. Qualcuno sostiene che un frammento di esso si troverebbe su un capitello incastrato in una casa al numero 6 di via Galliera. Si può notare il viso scolpito di Giovanni II, circondato dalla scritta “ DIV. IO. II. P.”, cioè Divo Giovanni Bentivoglio II, padre della patria”. Giovanni fu imprigionato a Milano, giudicato e poi assolto. Egli, saputo del disastro, scrisse una lettera a Ginevra, esiliata a Parma, dove aveva trovato rifugio presso il marchese Pallavicino. Ginevra venne scomunicata in quanto non si era allontanata sufficientemente da Bologna. Giulio II si rifiutò sempre di riceverla, nonostante le numerose suppliche, nel suo stesso castello di Ponte Poledrano (oggi Bentivoglio) del quale il Papa aveva preso possesso. A Bologna le proprietà dei Bentivoglio furono saccheggiate e il Palazzo Bentivoglio raso al suolo. Morì 16 maggio 1507 e il suo corpo venne sepolto in una fossa comune nei pressi di Busseto. L’anno dopo morì anche Giovanni.

 

ALLA RICERCA DELLA STREGA by Strega Meroe

Tra i lunghi e districati portici di Bologna ho voluto vivere la storia della mia amica Gentile, strega come me ma alquanto sfortunata. Ho amato tanto sapere che alcuni di voi si ricordano di lei e, seppur non sia stata un’eroina, ha fatto del bene a coloro che se lo meritavano. Qui vi mostrerò la mia passeggiata sperando possa esservi d’ispirazione.


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