La tradizione dell’abero di Natale ( dal latino “Natalis” = Nascita) affonda le sue origini nell’antichità, spaziando dai fenici, al popolo egiziano, al popolo anglosassone. Le divinità nate da una vergine nel mese di dicembre sono numerose: nei paesi scandinavi venivano celebrati i natali di Frey, figlio di Wodan (Wuotan: Odino), dio della natura, e di Berchta (Frigga: Holda) sua sposa, con la festa scandinava di Yule. Gli antichi egiziani rappresentavano il Sole appena nato, Horus, con una “Imagine” di un infante in cera o argilla e la mostravano ai fedeli di Iside e Osiride.
In India, l’antichissima religione dei primi Brahmani vedici, nei più antichi inni del “Rig-Veda”, chiama Sûrya (il Sole) e Aghni (il Fuoco) il Regolatore dell’Universo, Signore degli Uomini e Re Saggio, mentre la Madre Devakî è similmente raffigurata col divino Krishna tra le braccia. Per i babilonesi, la Madre Mylitta o Istar di Babilonia era raffigurata con la consueta corona di stelle e con il divino figlio Tammuz, la cui nascita veniva commemorata nelle rituali Sacee babilonesi, feste della nascita analoghe al nostro Natale. Per la storia dell’antica Cina, Buddha nasce dalla vergine Mâyâdevi. Per i persiani, al solstizio d’inverno nacque Mithra, divinità solare di origine indoiranica, anch’egli “nato” in una grotta, da una vergine.
Il mito di Hermes (Mercurio) presenta particolari analogie con la figura di Gesù. Nato in una grotta, figlio di Zeus (Iuppiter: Giove-Padre) e da Maia (la maggiore delle Pleiadi), Hermes è spesso rappresentato con un agnello sulle spalle, da cui deriva il suo nome di Crioforo (portatore dell’agnello).
L’abitudine di decorare alcuni alberi sempreverdi era diffusa tra i Celti durante le celebrazioni del solstizio d’inverno e gli antichi romani addobbavano con rami di pino le loro case, durante le Calende di Gennaio. I Vichinghi, nella settimana precedente e successiva al solstizio d’inverno, invece, addobbavano alberi di abete con frutti, perché ritenevano che questo albero fosse capace di auspicare il ritorno del sole. Con l’avvento del cristianesimo l’uso dell’albero di Natale si affermò nonostante la natura pagana: al posto dell’abete però venne utilizzato l’agrifoglio a simboleggiare con le spine la corona di Cristo e con le bacche le gocce di sangue che escono dal suo capo. Nel corso del Medioevo per il Cristianesimo l’abete diventò ulteriormente simbolo dell’immortalità di Cristo, inglobando, come sempre, ricorrenze ad esso estranee.
La tradizione dell’albero di Natale come lo conosciamo oggi, secondo alcuni pare sia nata in Estonia e precisamente nella piazza del Municipio, Raekoja Plats, a Tallin, nel 1441: lo scopo era quello di riunire giovani donne e giovani uomini attorno all’albero per ballare insieme e trovare la propria anima gemella. C’è però anche un precedente che si può rintracciare in un gioco religioso medioevale celebrato in Germania il 24 dicembre, il “gioco di Adamo e di Eva”(Adam und Eva Spiele), in cui venivano riempite le piazze e le chiese di alberi di frutta e simboli dell’abbondanza per ricreare l’immagine del Paradiso. Si preferì poi usare gli abeti al posto degli alberi da frutto. In un primo momento quindi l’albero veniva posto nei luoghi simbolo della vita pubblica, mentre la tradizione dell’albero di Natale entrò nelle case nel XVII secolo ed agli inizi del secolo successivo per poi diffondersi dalla Germania, in particolare, al resto del nord Europa. L’aspetto più consumistico iniziò quando in Svizzera e Germania iniziarono a commerciare gli alberi di natale. In Italia, la prima ad addobbare un albero di Natale fu la regina Margherita nella seconda metà dell’Ottocento al Quirinale, e da lei la moda si diffuse velocemente in tutto il paese.